Descrizione
Quando qualche tempo fa OmelIa e Primo mi chiesero di scrivere una presentazione del volume allora in fase di rifinitura, la prima sensazione fu di orgoglio; essere chiamati a presentare un volume è un incredibile segno di affetto e rispetto al tempo stesso, da qui la mia gratitudine agli autori. Nota è la mia natura di curioso e spesso di intransigente, pertanto, chiesi copia delle bozze, volevo rendermi conto di come alcune indubbie difficoltà potevano essere state affrontate. Gli autori, un’infermiera ed un medico, sono persone con profili professionali differenti e con un approccio a volte antitetico al malato ma, nel campo vulnologico (studio delle ferite ndr), si può lavorare solo in ambito interdisciplinare, soprattutto questi due profili devono collaborare. Nell’ambito delle lesioni cutanee croniche si è sentito tanto parlare della cute perilesionale, di come approcciarla, interpretarla e trattarla, ma qui un dermatologo veniva a portare la propria esperienza sulla cute. Ultimo punto il “medicalese”, sappiamo come negli anni il linguaggio sanitario abbia preso una propria autonomia, talvolta svincolandosi dalla lingua comu ne, arrivando sino a veri e propri dialetti, come avrebbero esposto e confrontato gli autori le due lingue “infermierese” e “dermatologichese”? Ecco pertanto l’attesa del lavoro. Finalmente mi arrivarono le bozze e, devo dire, senza forzare, ho avuto il piacere della lettura di un lavoro che scorre, denso di notizie e illustrazioni, degno della migliore interdisciplinarietà. In queste pagine potrete trovare i due approcci, quello medico/dermatologico e quello infermieristico, in un connubio in cui scienza e praticità si incontrano in una sintesi che può derivare solo dal confronto e dalla collaborazione. Il lavoro in sanità, che io amo profondamente, è una delle professioni o scienze dell’intelletto, e dell’intelletto la cosa che trovo più interessante è la sintesi: il rendere semplice ciò che prima appariva complesso. Questo è quanto ho trovato in questo volume, scorrevolezza e semplicità collegate da moltissime nozioni ove la cute, che spesso è assente e desiderata nelle nostre ferite, è il trait d’union dell’opera. Un altro dato a favore degli autori che vorrei sottolineare è come si parli senza alcuna forma reverenziale o diminutiva degli “errori”; questo eterno spauracchio è qui trattato come un normale evento, incidente di percorso o applicazione di tecniche desuete ma consolidate dalla lunga pratica. Ottima, infine, la chiusura che invita il lettore a considerare la responsabilità, nelle sue basi di conoscenza e scelta, un fatto ormai ineludibile per qualunque professionista. Questo lavoro rappresenta per me una sintesi di quello che vorrei divenisse l’Associazione Italiana Ulcere Cutanee, di cui mi accingo a divenire Presidente: un punto di collaborazione, discussione e confronto che può solo portare tutti ad essere più grandi. Benvenuta quindi a questa nuova e innovativa opera nel campo della vulnologia, cui posso solo augurare una ampia diffusione, mentre agli Autori vorrei rivolgere un augurio chi osando con.un detto orientale: “per avere una vita completa un uomo deve piantare un albero, avere un figlio e scrivere un libro”, che questo sforzo possa per voi essere una pietra miliare. Infine un grazie per l’onore concessomi affidandomi la presentazione, ad majora. Prof Elia Ricci
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