Descrizione
Non c’è dubbio che uno dei principali obiettivi dell’odontoiatria e spesso la maggiore o prima richiesta del paziente è il migliore risultato estetico delle ricostruzioni dentarie, sia in conservativa che in protesi; ed è altrettanto certo che la porcellana è il materiale restaurativo che più si presta per conseguire tale scopo. Nell’allestimento degli intarsi dentari, la prima segnalazione in letteratura dell’uso della porcellana risale a oltre un secolo fa e sappiamo che, alla fine dell’800 e primi ‘900, nel mondo odontoiatrico vi fu un notevole entusiasmo per l’inlay in porcellana. Questa metodica ricostruttiva successivamente conobbe fasi alterne di successo e di declino, anche perchè la natura del materiale ceramico a disposizione non consentiva la necessaria precisione del margine dente-restauro e i cementi all’ossifosfato di zinco usati per il fissaggio, oltre che ad essere chiaramente insufficienti a colmare questa lacuna, provocavano opacità dell’inlay stesso. É in questi ultimi 10-12 anni che, grazie all’avvento sul mercato delle nuove ceramiche per fusione, alla possibilità di mordenzare la superficie dell’intarsio, all’uso dei silani come agenti accoppianti e a quello dei compositi come mezzo cementante, l’intarsio in porcellana ha avuto un grande ritorno, anche in rapporto alla sempre maggiore esigenza di estetica richiesta al giorno d’oggi. Un ulteriore passo avanti su questa strada è rappresentato dal “California Bridge”, assai ben descritto nel volume di Laura Rovatti, Piernicola Mason e Adriano Dallari, volume che sono molto lieto di presentare all’attenzione dei colleghi odontoiatri e degli studenti di odontoiatria italiani. Il California Bridge, come precisano gli A.A., è un ponte di intarsi in ceramica cotta su sottostruttura metallica, finalizzato alla sostituzione di un solo elemento mancante in arcata e prevalentemente indicato per i settori laterali. Dopo un excursus della letteratura sull’evoluzione merceologica della porcellana, dei materiali di cementazione e dell’uso degli intarsi in porcellana, gli A.A. descrivono gli ultimi tipi di ceramiche, le vetroceramiche ottenute per fusione o pressofusione, i sistemi CAD-CAM e meccanici, la metodica IN-Ceram indicata per corone e ponti di 3 elementi nei denti del gruppo frontale e quindi entrano nel vivo dell’argomento del California Bridge, soluzione protesico-ricostruttiva presentata la prima volta in Italia da P.N. Mason al Congresso Internazionale di Odontoiatria Adesiva, tenutosi a Padova nell’aprile del 1990. Sono innanzitutto esposte le indicazioni e le controindicazioni all’uso di questa metodica con l’elencazione sia dei numerosi vantaggi che dei vari limiti. Il protocollo operativo è descritto con meticolosa precisione in ogni sua fase: dalla preparazione delle cavità con l’uso dei tipi di frese necessarie, alla presa delle impronte, alla protezione dentinale, all’esecuzione del provvisorio, a tutte le delicate procedure di laboratorio, alla complessa fase della cementazione degli intarsi del California Bridge, alla loro rifinitura e lucidatura. Un capitolo è dedicato alle procedure cliniche nel sestante anteriore ed un altro a quelle nei quadranti latero-posteriori; un altro capitolo riguarda l’utilizzo del California Bridge per il ripristino morfo-funzionale del dente rizectomizzato e per alcune realizzazioni extra protocollo; sono esposte inoltre procedure alternative, quali i ponti su restauri in resina composita da usare nelle soluzioni temporanee, anche in implantologia. Vengono quindi discussi i risultati, sia con ricerche in vitro che sulla base della casistica clinica personale dei tre Autori, le cui valutazioni conclusive su 150 casi finora eseguiti in oltre 6 anni portano ad un loro giudizio ampiamente positivo per questa soluzione protesica. Tuttavia con obiettività enumerano anche le complicanze e gli insuccessi, pochi casi in verità, le une e gli altri ritenute dagli Autori non dovute alla metodica in sé, ma ad errori di tecnica di esecuzione o a mancanza di indicazione a questa soluzione. li testo, corredato da oltre 300 figure a colori, è steso in modo chiaro e addirittura didattico nel protocollo operativo descritto “step by step”. Sono certo che sarà sicuramente apprezzato sia dagli odontoiatri che dagli studenti di odontoiatria italiani e avrà il successo che gli A.A. meritano per la loro serietà di ricerca e capacità operativa.
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