Descrizione
Attualmente la barra palatale si propone come un presidio spesso insostituibile per i cultori dell’approccio non estrattivo. La nostra Scuola, da sempre, ne ha sostenuto l’utilità insegnando agli allievi come usarla ma anche come modellarla. Da allieva ho avuto l’onore di imparare, direttamente dalle mani del mio maestro, come adoperare la barra palatale, come sfruttarne appieno le potenzialità, come adattarla ed inserirla nel cavo orale, senza apprensione, anche sui secondi molari. Nel 1987 ho partecipato al corso di Robert Goshgarian, che, per primo negli anni ’50, ha introdotto la barra palatale nella pratica clinica, dopo averne intuito i considerevoli vantaggi derivati dal suo impiego. Corso organizzato, per gli onori della cronaca, dal Centro Culturale Sirio di cui era Direttore l’ineguagliabile professore Damaso Caprioglio, attuale Direttore di questa Collana di Ortodonzia. Successivamente, ho frequentato i corsi di Norman Cetlin che alla fine degli anni ‘ 80 si recava spesso in Italia. Con il mio inglese, mai perfetto, mi offrivo di tradurre pur di potervi partecipare più volte e di apprendere quanto più possibile Viaggiando ho rincontrato Cetlin all’estero ed ho avuto modo di conoscere Ane Ten Hoeve e Raphael Greenfield, veri maestri nell’uso della barra palatale. Tuttavia, credo, che spetti a Norman Cetlin il merito di aver compreso appieno l’importanza della barra palatale tanto da inserirla nella sua tecnica e da attribuirle un ruolo chiave nella sua filosofia non estrattiva, oggi definita “Coordinated Arch Development” da Greenfield. Nel corso degli anni ho avuto l’opportunità di rivedere questi illustri clinici della terapia non estrattiva. Ho incontrato Cetlin più volte durante le sue visite al professore Ferro che lui ama chiamare “zio” e con lui qualche volta Ten Hoeve. Li ho visti lavorare alla poltrona e li ho ascoltati mentre tenevano lezioni magistrali all’Università. Ho rivisto Greenfield nel 1997, invitato dalla SIDO, durante la presidenza Ferro, a tenere un corso precongressuale che ho avuto il piacere di tradurre. In quegli anni, la SIDO aveva ancora i gruppi di studio. Il nostro era proprio quello della terapia non estrattiva il cui obiettivo primario era favorire l’approccio dei più giovani alla filosofia di Cetlin. Quando con la presidenza Ronchin, i gruppi di studio si sono trasformati in Società, abbiamo fondato, sia pure dopo una lunga riflessione, la Società Italiana di Terapia Non Estrattiva (SINET) di cui sono attualmente tesoriere. Nel 2006, la SINET ha organizzato un Congresso Internazionale sull’approccio non estrattivo con Robert Vanarsdall, Raphael Greenfield, Giuliano Maino, John Kaku, a cui, Cetlin, ospite d’onore, purtroppo, non ha potuto partecipare. Nel 2007, la stessa SINET ha previsto un corso precongressuale sulla tecnica di Cetlin che ho tenuto insieme ad alcuni dei miei co-autori. Durante la preparazione di questo corso, ho avuto modo di apprezzare ancora di più l’efficacia di questo presidio la cui morfologia così essenziale esalta il sottile contrasto che si sprigiona tra la semplicità dell’impiego e la poliedricità dell’utilizzo. Una consapevolezza clinica che si è miscelata all’esigenza di trasmettere agli altri quanto appreso, spesso con fatica. Un’esigenza che, da docente, comincia a divenire sempre più pregnante. Anche perché spesso i clinici eccellenti sono presi dalla loro voglia di sapere, di fare ricerca sul paziente, di sperimentare il superamento dei loro stessi limiti. E la loro esperienza, a volte, si perde. In passato, per evitare di perdere la memoria storica di eventi epocali mai scritti eppure accaduti, si narravano le storie. È nata così l’idea di riprendere quanto già fatto sulla barra palatale, di arricchirlo con tutti i particolari tecnici e teorici, con tutte le finezze cliniche e scientifiche che ho avuto modo di acquisire e di sperimentare in questi anni. È nata così quella che potremmo definire la storia della barra palatale. Il mio augurio è che come tutte le storie che si tramandano, anche questa possa essere semplice e chiara. Semplice da capire, chiara da ricordare. Se poi, alla fine della storia, in qualche lettore si accenderà la fiammella della curiosità, o il gusto di continuare a tramandare, il mio desiderio potrà dirsi esaudito. Prof. Letizia Perillo
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