Implantoprotesi

190,00 

Pag. 264 – ill. 684

Esaurito

COD: ma052 Categoria: Tag:

Descrizione

La moderna implantologia osteointegrata nasce all’inizia degli anni ’60 grazie ad una notevole intuizione del Prof. Per-Ingvar Branemark, il quale, impegnato da ortopedico in un’attività sperimentale riguardante lo studio della microcircolazione ossea osservò descrisse riprodusse il fenomeno biologico al quale diede il nome di osteointegrazione. Egli intuì le importanti applicazioni che la sua scoperta avrebbe potuto avere nell’ambito della chirurgia protesica, compresa quella orale. I primi quindici anni di lavoro furono dedicati al trattamento delle edentulie totali; e fondamentalmente delle edentulie mandibolari (si osservi che l’osso mandibolare edentulo ha caratteristiche di densità riconducibili al tipo I e II e raramente al tipo III e ancor più IV), nonchè‚ al ripristino protesico secondario alle amputazioni di organi, quali orecchio ed occhio, con intervento diretto a creare un ancoraggio utilizzando le strutture ossee corticali periferiche al difetto. La formazione specifica dello studioso lo induceva a privilegiare l’approccio ortopedico nel trattamento delle strutture ossee danneggiate dalle varie patologie, trascurando di confrontarsi con problematiche tipicamente odontoiatriche, quali quelle che si incontrano nel trattamento delle edentulie parziali e, a maggior ragione, delle monoedentulie, per superare le quali occorre una serie di specifiche competenze, da quella del chirurgo orale a quella del parodontologo, dell’odontoiatra generico e, “last but not least’ del protesista. C’è da ricordare, a questo proposito, che in occasione della presentazione del sistema implantare fatta da Branemark a Toronto, nel 1982, egli stesso si premurò di indicare come operatori privilegiati per l’inserzione degli impianti i chirurghi orali e non i parodontologi. Perchè‚ la scoperta del Branemark potesse esplicare al meglio tutte le sue potenzialità rivoluzionarie nella ricostruzione protesica, occorreva compiere un salto di prospettiva: più specificamente, era necessario cambiare il punto di visita, passando da quello di un ortopedico a quello di un odontoiatra, per il quale il problema dell’ancoraggio, anche se di fondamentale importanza, non è l’unico nel trattamento degli edentuli parziali. Sulla scia della scoperta e del lavoro avviato dal Branemark per affrontare con prospettive nuove e positive il problema dell’edentulia totale, di avviò, a livello internazionale, un vero e proprio processo di rifondazione dell’implantologia finalmente impostata su principi biologici Agli inizi degli anni ’70 in Germania due gruppi di lavoro, quello formato presso l’Università di Tubingen dal Prof. Schulte e dal Dott. Heimke, e poco dopo quello guidato a Stoccarda dal Dott. Kirsch, pur seguendo tutti e due, in maniera originale, la filosofia dell’osteointegrazione, si ponevano obiettivi terapeutici diversi. Il primo gruppo, utilizzando la terapia implantologica per risolvere le mono-edentulie, si poneva sulla strada dell’impianto post-estrattivo, mentre il secondo di trovava impegnato nell’utilizzazione degli impianti al fine di risolvere edentulie parziali; classificabili nelle classi I e II di Kennedy. L’esperienza deI nostro gruppo, formatasi culturalmente nella temperie di ricerca dell’università di Tubingen, si è fondamentalmente orientata, nella pratica quotidiana, al trattamento ed alla risoluzione delle monoedentulie e delle edentulie parziali La risoluzione di un’edentulia totale, specificatamente inferiore, presenta situazioni e condizioni fisiologiche ed estetiche sicuramente diverse rispetto a quelle presentate da eventuali edentulie parziali o ancor più, da monoedentulie come quelle dei denti anteriori superiori. In una mascella edentula, superiore od inferiore che sia, non esistono dei parametri di ricostruzione definiti ed imposti dai denti contigui naturali, come per esempio il profilo di emergenza, la festonatura gengivale, il deficit presente nell’area edentula, la qualità e quantità dei tessuti molli sopracrestali ecc. Un paziente con edentulia singola o parziale non è motivato come un paziente totalmente edentulo da vecchia data e con una instabilità protesica altrimenti ingestibile, ad accettare dei compromessi, sia sul piano estetico che su quello del comfort. Il gruppo “BSC” lavora dal 1984 su idee ancora oggi innovative, che si fondano sulla premessa che gli impianti ‚siano un pre-requisito alla riabilitazione protesica e che quindi,in ultima analisi, la fase chirurgica non serva solo ad alloggiare gli ancoraggi protesici là dove esista una quantità adeguata di osso. La nostra convinzione è che la prima fase chirurgica abbia come scopo la compensazione dei deficit anatomici riguardanti l’osso alveolare, i tessuti di rivestimento e molto spesso anche i tessuti periorali, che accompagnano, quasi costantemente, le edentulie. Come gruppo, sin dall’inizio interessato alla risoluzione delle edentulie singole e parziali abbiamo sempre valutato il risultato in chiave protesica, considerando l’impianto solo il mezzo per raggiungerlo. Il primo dogma che abbiamo affrontato e superato è quello relativo al profilo di emergenza degli impianti ed al rapporto che gli stessi avrebbero contratto con la dentatura adiacente ed antagonista. Questo primo obiettivo ci ha portato, in seguito, a risolvere i problemi legati alla prossimità tra impianti, all’uso di impianti di diametro congruo a quello del dente da sostituire, all’inserimento di impianti in numero ed in posizione adeguata agli elementi naturali mancanti, a ricostruire il supponto molare evitando arcate raccorciate ed/o cantilevers, a modellare in modo anatomico l’abutment, ad evitare, da subito, le viti trans-coronali ecc Per raggiungere una risoluzione protesica brillante anche da un punto di vista prognostico ed estetico si è reso necessario sviluppare una serie di tecniche originali sia chirurgiche che protesiche che rispondessero in maniera chiara e scientificamente inoppugnabile. Controllare l’efficacia di tali tecniche tramite l’evidenza clinica e radiografica di migliaia di casi trattati e seguiti negli ultimi quindici anni. Convalidarle tramite i risultati dell’istologia su modelli sia animali che umani, produrre nuore tecniche di laboratorio è stato il nostro contributo per rispondere ad alcune delle domande universalmente formulate dai colleghi impegnati come noi, sul fronte clinico della professione. A loro è dedicato questo nostro primo manuale.

Recensioni

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Implantoprotesi”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *