Descrizione
Le attuali conoscenze riguardo l’eziologia e la patogenesi delle malattie parodontali evidenziano come tali disordini infettivo-infiammatori siano causati primariamente dai batteri. La forma non destruente di malattia parodontale, la gengivite, risulta clinicamente e sperimentalmente dall’accumulo di placca batterica sulle superfici dentarie adiacenti la gengiva, si manifesta nello sviluppo di un processo infiammatorio nei tessuti gengivali, mentre si risolve in seguito alla rimozione meticolosa della placca. Gli studi epidemiologici hanno mostrato, tuttavia, che la forma destruente di malattia parodontale, la parodontite, pur condividendo il fattore eziologico batterico e pur essendo spesso preceduta da una manifestazione più o meno eclatante di gengivite, è caratterizzata da molti aspetti delle patologie ad eziologia multifattoriale, con manifestazioni e progressione variabile da persona a persona, da dente a dente e da sito a sito in relazione a molteplici fattori, comportamentali, sociali, ambientali, fattori sistemici e genetici, fattori microbiologici, fattori locali. La complessità eziopatogenetica della parodontite comporta dunque che la sua prevalenza nella popolazione sia più bassa della gengivite, cui sono soggetti tutti gli individui in seguito all’accumulo di placca, e che la sua gravita vari notevolmente tra gli individui. In un classico studio longitudinale su una popolazione di lavoratori delle piantagioni di thè in Sri Lanka, non trattata punto di vista odontoiatrico e con scarsa igiene orale, Loe et al (1986) osservarono un’enorme variabilità tra gli individui riguardo alla progressione della parodontite. Mentre l’81% della popolazione aveva una progressione moderata e l’11% nessuna progressione della parodontite, l’8% veniva descritto come colpito da una rapida progressione durante un periodo di follow-up di 15 anni. Altri studi longitudinali hanno mostrato che esistono sottogruppi di pazienti con predisposizione variabile alla progressione della malattia anche nelle popolazioni trattate dal punto di vista parodontale (Hirscfield & Wasserman 1978). Gli autori studiarono 600 pazienti sottoposti a trattamento parodontale e mantenimento per un periodo medio di 22 anni, valutando il numero di denti persi durante il follow-up. L’83% dei pazienti perse meno di 3 denti, il 12.6% dei pazienti perse da 4 a 9 denti e il 4.2% dei pazienti, nonostante i frequenti richiami parodontali perse più di 10 denti, mostrando una risposta estremamente scadente alla terapia parodontale. È possibile quantificare la “suscettibilità” ad ammalare di una forma destruente di malattia parodontale che conduce alla perdita di supporto del dente? È dunque possibile disegnare il profilo del paziente a rischio per la parodontite? La conoscenza dei diversi fattori che influenzano la risposta dell’organismo all’attacco microbico, sulla base dei dati disponibili in letteratura, può consentire al clinico di modulare individualmente la terapia, la frequenza e la tipologia dei trattamenti ed inoltre di formulare una prognosi più accurata. La valutazione del rischio individuale può consentire di evitare, ridurre o gestire gli effetti legati al fattore di rischio, così diventando parte integrante del piano di trattamento. Gli obiettivi di questa trattazione sono analizzare le conoscenze attualmente disponibili sui fattori rischio, legati all’ospite, alla flora microbica, alle condizioni locali e descrivere l’utilizzo di modelli prognostici per l’identificazione di gruppi ed individui ad alto rischio, in maniera tale da fornire un ausilio al clinico per una diagnosi corretta, sulla quale impostare un trattamento individualizzato.
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