Principio telescopico e conometria nella riabilitazione

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pag. 240 – ill. 674 a colori

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Descrizione

Molte e vive sono state le motivazioni che hanno indirizzato il mio interesse verso l’argomento della protesi telescopica, tanto da farne oggetto, forse troppo coraggiosamente, di una trattazione nel presente libro. Il tema, in verità, mi ha sempre attratto in maniera particolarissima: al termine della mia esperienza di studente negli Stati Uniti, nella scuola di specializzazione in protesi diretta dal professor Gino Passamonti, la discussione del caso finale da me affrontato, verteva sulla protesi telescopica; lo stesso argomento trattava la prima conferenza che tenni nel 1986 in Firenze. Oggi, nell’era dell’implantologia, può facilmente sembrare obsoleto spendere parole su una vecchia tecnica che si basa essenzialmente sull’utilizzazione di denti pilastro difficili e spesso compromessi. In effetti, la riabilitazione protesica su impianti comporta un beneficio che si presenta in un rapporto estremamente favorevole rispetto al rischio. Ad esempio, la sostituzione di una protesi totale inferiore con una protesi fissa, a supporto implantare, è quanto di più gratificante si possa immaginare tanto per il paziente quanto per il dentista stesso. Purtroppo, la terapia implantare è ancora lungi dal rappresentare una panacea per tutte le occasioni, in quanto un buon numero di pazienti presenta situazioni cliniche che non trovano adeguate indicazioni all’implantologia stessa, o non vi accede per ragioni fisiche o psicologiche, ma è piuttosto disponibile ad “investire” sugli elementi naturali rimasti, più o meno precari. Invero, una protesi telescopica ben fatta, può rappresentare senz’altro il migliore investimento. Nella mia esperienza professionale attraverso gli anni, ho potuto constatare quanto spesso l’adozione del principio telescopico non fosse motivato tanto da simpatia personale quanto piuttosto dall’assenza di soluzioni alternative. A tal proposito, ho trovato ulteriore, confortante riscontro nelle analoghe deduzioni fatte da tanti stimatissimi colleghi. Questo libro ha rappresentato per me un impegno sinceramente oneroso soprattutto perché ho trovato molto difficile reperire quelle informazioni bibliografiche che mi permettessero di entrare nel vivo della materia. La protesi telescopica, infatti, è sempre stata l’espressione di clinica e tecnica ad altissimo livello, mantenendo, però, un carattere essenzialmente individuale, da “isola felice”. Tutti, in Italia, hanno sentito parlare di protesi telescopica; essa esiste ampiamente nel fornitissimo strumentario, nei corsi formativi per odontotecnici, ma in letteratura è solo superficialmente considerata. In realtà, esistono riferimenti bibliografici, primo tra tutti il testo sulla conometria di Körber, ma la loro consultazione è stata, a lungo, fortemente limitata dalla mia scarsa dimestichezza con il tedesco, lingua madre della protesi telescopica rimovibile. Superata la barriera linguistica, è rimasto il problema di accedere con adeguata chiarezza concettuale al linguaggio fisico?matematico, indispensabile per la comprensione degli argomenti trattati. A questo proposito vorrei ringraziare innanzitutto Francesco Bracconi, mente vivacissima, ingegnere eclettico e geniale, ingiustamente relegato al ruolo di pensionato, pago nel ruolo di nonno delle mie bimbe. É a lui che debbo l’elaborazione di tutti i dati matematici e la spiegazione pratica dei tanti fenomeni fisici?clinici riportati nel testo. É a lui che debbo la comprensione dei principi della conometria, grazie anche all’assistenza di sua figlia Arianna, formidabile interprete capace di intendere sia il linguaggio matematico che quello odontotecnico. Voglio ricordare l’amico Marino Versari, di cui stimo la persona, le doti imprenditoriali e tecniche, per un episodio aneddotico per me molto importante. Mi chiese di seguire l’aspetto clinico per la sua riabilitazione orale; lui, odontotecnico, ne avrebbe curato la realizzazione pratica: per sé volle una protesi telescopica liberamente rimovibile. Fu per me il primo approccio con tale tipo di protesi. Un grazie sincero all’amico Beppe Baluganti, odontotecnico mago del fresaggio, che, dopo avermi dischiuso le porte della conometria, mi ha sostenuto e consigliato nei primi casi affrontati insieme. Un ringraziamento sentito ai tecnici del laboratorio Bracconi che, oltre ad Arianna, include Cristina Faggi, Ilaria Pisi, Laura Naldí e Marc Pestelli. Con infinita pazienza mi hanno seguito anche in questa strada spesso ostica ed ingrata. Tutti i casi presentati nell’iconografia, quando non diversamente indicato, sono stati da loro eseguiti. Marc Pestelli, in particolare, ha curato estensivamente la parte tecnica ed iconografica del V capitolo, contribuendo anche alla stesura del testo. Vorrei esprimere gratitudine a tutti i miei pazienti ai quali ho applicato una protesi telescopica: la loro soddisfazione ha rappresentato, senza dubbio, il migliore incentivo a continuare il cammino intrapreso. Riconoscenza sentita e sincera esprimo, infine, all’amico Editore Alfredo Martina, che in maniera discreta, senza limiti o condizioni, mi ha sempre incoraggiato a proseguire nella mia attività scrittoria. Con sincerità confesso che questo libro “fatto in casa” nasce in un momento di mio profondo rammarico, oscurato dalla perdita di quel fondamentale riferimento di umanità e di cultura che ha rappresentato per me l’indimenticabile Maestro, il professor Gino Passamonti. A Lui, indubbiamente, avrei dedicato la prima copia. So che mi avrebbe criticato per qualche cosa qua e là, ma so anche che sarebbe stato contento. Il Destino ha voluto diversamente, privando della Sua luce tutti coloro che Lo hanno conosciuto ed amato. Dario Castellani

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