Descrizione
Al suo terzo lavoro, il Comitato Bioetico per la Veterinaria ha pensato di affrontare uno degli argomenti più scabrosi tra quelli che caratterizzano il rapporto uomo-animale: le uccisioni degli animali. Credevamo che le difficoltà affrontate nei primi due lavori, il primo sui trasporti e il secondo sul consenso informato in veterinaria, avrebbero potuto costruire un adeguato bagaglio per intraprendere con una certa tranquillità quest’ultimo sforzo. Così non è stato. La questione delle uccisioni degli animali continua a rivestire tuttora una posizione centrale e di grande difficoltà nel rapporto uomo-animale. Anche se nella pratica quotidiana le questioni etiche relative al trasporto, alla convivenza, all’allevamento, sono largamente più presenti nel dibattito pubblico che non l’uccisione per macellazione, per pratica di profilassi o per eutanasie, comunque, come significato simbolico, l’uccisione, quindi il procurare la morte, riveste di gran lunga un’importanza superiore. A ben pensarci la cosa era inevitabile: infatti, l’uccisione, sebbene temporalmente copra un breve lasso di tempo rispetto a pratiche che si compiono in tempi ben più dilatati, costituisce qualcosa di assolutamente definitivo e irreparabile. Qualcosa che, se ripetuto sistematicamente come avviene nella zootecnica più avanzata, palesa il più assoluto dominio umano nei confronti degli animali mai finora verificatosi nella storia della domesticazione. Eppure, tutto ciò coesiste nel nostro mondo con la sensazione oramai molto diffusa per la quale parlare di diritti animali non è affatto astruso, bensì la stessa nozione di diritti animali rappresenta oggi un’idea largamente condivisa. Nel suo stile, che è anche una modalità scientifica di lavoro, il Comitato non ha aggirato il tema ma lo ha invece affrontato, ben sapendo che il rischio nel quale si sarebbe potuti incorrere sarebbe stato rapresentato dal non riuscire a formulare giudizi univoci e da tutti condivisi su questo delicato tema: ciò tuttavia è stato valutato un rischio minimo rispetto a quello ben più grave di un atteggiamento ipocrita, inevitabilmente connsesso alla scelta di non scontrarsi con la questione dell’uccisione degli animali, o di farlo in una maniera accademica e distaccata dalla realtà quotidiana di questa pratica. (dalla Presentazione di Pasqualino Santori, Presidente del Comitato Bioetico per la Veterinaria)
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