Descrizione
Eco-Devo. Ambiente e Biologia dello Sviluppo
Lo scrigno di casi naturalistici qui contenuti fotografa un profondo rinnovamento scientifico in corso nello studio dell’evoluzione. Cresce infatti la tensione fra gli avanzamenti della ricerca, da una parte, e il quadro teorico standard, dall’altra. Nuove evidenze empiriche si accumulano e, oltre una certa massa critica, reclamano da parte dei loro scopritori uno slittamento di prospettiva, un aggiornamento concettuale. Nel merito, per citare solo alcuni filoni di indagine che stanno alla base di questo volume: il ruolo evolutivo dell’ereditarietà epigenetica, cioè dei meccanismi (trasmissibili) di regolazione dell’espressione dei geni senza alterazioni della sequenza del DNA, è ormai chiaro a più livelli; così pure lo è l’importanza dei vincoli di sviluppo nel canalizzare la variazione e dei cambiamenti avvenuti nei processi di sviluppo per spiegare l’emergere delle innovazioni e l’evoluzione della biodiversità. E ancora: neologismi come “olobionte” sono ormai entrati in letteratura, mostrando come ogni individuo biologico sia in realtà un ecosistema. Il genoma è incastonato dentro una gerarchia inclusiva di livelli, dove il livello superiore è l’“ambiente” del livello inferiore. La biologia dei sistemi dal canto suo avvalora sempre più la necessità di indagare la complessità di relazioni che connota i viventi. Questa visione integrata delle scienze della vita ha poi ripercussioni crescenti in ambito biomedico, poiché invita a considerare le anomalie congenite e anche molte malattie dell’età adulta come alterazioni e disfunzioni (anche ormonali ed epigenetiche) che perturbano le complesse interazioni tra genotipo e ambiente nel corso dello sviluppo del fenotipo.
Secondo i biologi dello sviluppo Scott Gilbert, professore emerito allo Swarthmore College nei pressi di Philadelphia, e David Epel, professore emerito a Stanford e alla Hopkins Marine Station in California, nel bel mezzo di tutti questi aggiornamenti sperimentali si staglia appunto il processo di sviluppo, da intendersi non come una dinamica isolata e geneticamente pre-programmata nel suo compiersi, ma al contrario come il perno plastico di un insieme di relazioni che uniscono da una parte genomi ed epi-genomi e, dall’altra, gli ambienti entro cui gli organismi nascono, si sviluppano ed evolvono. Ne deriva la proposta innovativa di una biologia integrata che abbia al suo centro la plasticità fenotipica e di sviluppo degli organismi, ovvero di una teoria in cui l’ambiente sia considerato non più soltanto come un mero filtro selettivo ma anche come una sorgente cruciale di variazione in grado di influenzare e plasmare la produzione dei fenotipi attraverso una molteplicità di segnali che alterano in vari modi diretti e indiretti l’espressione dei geni, come temperatura, luce, pressione, gravità, nutrimenti, presenza di predatori o di conspecifici, etc.
L’approccio “eco-evo-devo” – per esteso, la biologia evoluzionistica dello sviluppo integrata nell’ecologia (con rifl essi importanti anche nella scienza della conservazione e in medicina) – mira dunque allo studio dello sviluppo dei fenotipi indotti dall’ambiente e alla comprensione del ruolo che queste interazioni tra genetica, epigenetica e influenze ambientali hanno avuto nell’evoluzione.
Appare sempre più chiaro, infatti, come il combustibile del cambiamento evolutivo sia dato da una molteplicità di sorgenti di variazione (mutazioni e ricombinazioni genetiche classiche, ma anche variazione epigenetica ereditabile, trasmissione genetica orizzontale, input ambientali sullo sviluppo), su cui poi agiscono i processi selettivi e gli altri meccanismi popolazionali.
Come cambia allora la teoria dell’evoluzione alla luce di queste novità? Oggi sappiamo che la capacità di un organismo di avere un genoma sensibile all’ambiente, di interagire con l’esterno durante lo sviluppo e di reagire plasticamente agli input ambientali attraverso un cambiamento morfologico o comportamentale non solo ha avuto nel corso dell’evoluzione un notevole valore adattativo (soprattutto in condizioni di instabilità ecologica), ma ha anche permesso quell’esplorazione morfologica che sta alla base di transizioni evolutive fondamentali, come per esempio la diversificazione dei tetrapodi sulla terraferma nel Devoniano superiore. Sappiamo inoltre che i processi di produzione della variazione influiscono fortemente sull’evoluzione. Dunque sì, questo approccio aggiorna in modo sostanziale ed estende la spiegazione evoluzionistica neodarwiniana includendo fattori e meccanismi prima sottovalutati.
Da un punto di vista strettamente evoluzionistico, un possibile limite che traspare in questo approccio è la sua inevitabile focalizzazione sull’organismo animale (ancorché formato da una comunità di simbionti), come sistema robusto di sviluppo e pivot dell’evoluzione, e sulla produzione della variazione come materia prima della selezione. Il rischio è di ridurre l’evoluzione allo sviluppo tout court. Un’estensione interessante (qui presagita soltanto in alcuni passaggi) potrebbe essere quella di contestualizzare questi processi e meccanismi – tutti centrati sull’evoluzione delle traiettorie di sviluppo tramite duplicazioni e divergenze nei geni regolatori – dentro una cornice multi-livello che fonda genetica di popolazioni ed evo-devo, e includa anche gli scenari macroevolutivi dettati da fattori ecologici su larga scala.
Nel dibattito attorno a questi temi la parola “rivoluzione” si spreca, ma il processo di critica e crescita della conoscenza scientifica è assai più faticoso. Non è un paradigma nuovo che sostituisce il vecchio, ma un articolato programma di ricerca interdisciplinare che cambia pelle. La proposta di superamento del riduzionismo genetico insito nella Sintesi Moderna standard – a detta di Gilbert ed Epel adultocentrica e monopolizzata dalla genetica di popolazione – negli ormai otto anni che ci separano dalla prima edizione di questo brillante manuale eco-evo-devo sembra aver smussato i suoi toni polemici, non per mancanza di argomenti ma al contrario perché le evidenze accumulatesi nel frattempo rafforzano sempre più il consenso implicito nella comunità biologica verso una visione evoluzionistica più estesa e pluralista (si pensi, per esempio, alle recenti evidenze di ereditarietà epigenetica transgenerazionale in mammiferi). Anche grazie all’approccio eco-evo-devo, la costruzione di una Sintesi Evoluzionistica Estesa sta lentamente maturando, nel difficile tentativo di dare una struttura teorica coerente a un rinnovato programma di ricerca neodarwiniano che ambisca ad includere tutte le linee di ricerca innovative descritte nei dieci appassionanti capitoli che seguono.
Prof. Telmo Pievani
Dipartimento di Biologia
Università degli Studi di Padova
Negli ultimi anni, in biologia, si è verificata una rivoluzione silenziosa guidata da tecnologie innovative, sviluppate nell’ambito della biologia molecolare, cellulare e dello sviluppo e in ecologia, che hanno aperto un baratro tra la biologia del ventesimo secolo e quella del ventunesimo.
Questa rivoluzione non è andata nella direzione attesa. Invece che confermare e approfondire quanto era già noto, le nuove tecnologie hanno permesso di rivelare nuove modalità di ereditarietà, sviluppo ed evoluzione. È stata una lezione di umiltà. Molto rimane ancora da scoprire e molti assunti riguardo ai meccanismi di sviluppo, ereditarietà, fisiologia, patologie ed evoluzione verranno probabilmente messi in discussione negli anni a venire.
L’ecologia dello sviluppo, o ‘eco-devo’, disciplina che studia i meccanismi tramite cui l’ambiente interagisce con gli organismi in via di sviluppo producendo nuovi fenotipi, e indaga come queste interazioni possano determinare l’insorgenza di patologie e influenzare le traiettorie evolutive, si è originata in tale contesto. L’ecologia dello sviluppo è una disciplina potenzialmente in grado di modificare la concezione attuale della vita, come in passato è avvenuto per le teorie dell’evoluzione, della cellula e dei geni.
Tra le nuove idee che dovranno essere integrate nel nostro modo di concepire ereditarietà, sviluppo, evoluzione e salute, si possono ricordare:
• Simbiosi. Una volta ritenuta un’eccezione alla regola della vita, alla simbiosi viene oggi riconosciuto un ruolo di primo piano, in particolare per i processi di sviluppo ed evoluzione. Gli organismi funzionano, si sviluppano e si evolvono come consorzi di individui.
• Plasticità dello sviluppo. Anch’essa considerata un’eccezione, la plasticità dello sviluppo è invece ubiquitaria. Un singolo genoma può dare origine a diversi fenotipi, a seconda delle condizioni ambientali.
• Epialleli, modificazioni del genoma indotte dall’ambiente. In passato ritenute impossibili, tali modificazioni della cromatina indotte dall’ambiente non solo esistono, ma possono essere trasmesse per via ereditaria per molte generazioni.
Queste nuove scoperte influenzano il nostro modo di vedere il mondo:
• La biologia evoluzionistica dovrà integrare la genetica con i concetti di epialleli, simbiosi e plasticità, implementando così una nuova teoria delle origini e del mantenimento della biodiversità.
• La suscettibilità alle malattie, in particolare cancro, diabete, asma, autismo e obesità, potrebbe essere determinata da tossine ambientali, plasticità dello sviluppo, combinazioni particolari di simbionti o epialleli. Anche le moderne nozioni riguardo alle patologie dovranno essere modificate.
• I cambiamenti climatici globali e gli interferenti endocrini stanno influenzando lo sviluppo e il comportamento degli organismi. I principali effetti di questi agenti ambientali sono cambiamenti nei simbionti, limitazioni alla plasticità e la produzione di epialleli.
La prima edizione di questo testo è stata pubblicata diversi anni fa e quanto scritto sopra forma una parte importante di questa nuova edizione. Il testo è suddiviso in quattro parti. La prima riguarda le modalità tramite cui gli organismi in via di sviluppo interagiscono con l’ambiente e si concentra sui tre meccanismi dello sviluppo citati sopra: plasticità dello sviluppo, modificazioni epigenetiche ereditabili e simbiosi. Nella prima sezione si vedrà come lo studio di tutti questi fenomeni sia fondamentale per comprendere come si genera la variabilità fenotipica. In tutti i casi presentati l’ambiente contribuisce in maniera importante a determinare le traiettorie dello sviluppo.
La seconda sezione analizza come l’ambiente può alterare lo sviluppo. In primo luogo, vengono considerate le strategie utilizzate per proteggere l’embrione prima che questo sviluppi un sistema di difesa maturo, e come i cambiamenti climatici siano in grado di aggirare alcune di queste strategie. I capitoli successivi analizzano le modalità con cui alcune sostanze chimiche – teratogeni e interferenti endocrini – influenzano lo sviluppo; gli ultimi due capitoli mostrano come i segnali ambientali possano predisporre un organismo in via di sviluppo a sviluppare patologie nel corso della vita adulta.
La terza sezione del volume espone una nuova sintesi evoluzionistica. Chiamata Sintesi Estesa, “eco-evo-devo” o “sintesi dello sviluppo”, essa cerca di integrare nella biologia evoluzionistica le interazioni tra geni, ambiente e sviluppo (che creano variabilità) e le pressioni selettive necessarie affinché avvenga l’evoluzione. Questo processo parte dalla biologia evoluzionistica classica, passa attraverso la biologia evoluzionistica dello sviluppo e, su queste basi, costruisce l’“eco-evo-devo”.
Alla fine del volume si trovano una Coda a carattere filosofi co e una serie di appendici che approfondiscono alcuni aspetti storici, filosofi ci e scientifici discussi nel corso del testo. Il libro tratta anche alcune tematiche di carattere politico. Sarebbe infatti insensato parlare di scienza moderna senza tenere conto di finanziamenti, legislazione e considerazioni economiche e ideologiche.
Dato che viviamo in un mondo caratterizzato da una rapida perdita di biodiversità, da un aumento improvviso delle malattie non infettive e dal collasso delle comunità ecologiche, l’ecologia dello sviluppo ha un’importanza fondamentale. Quando abbiamo sottoposto i capitoli ad una revisione esterna, ci siamo accorti che non eravamo gli unici a pensarla così. Uno dei revisori, definendo l’ecologia dello sviluppo “al momento attuale, la più importante delle discipline scientifiche” ha osservato che:
L’ecologia non è preparata ad analizzare i problemi del mondo moderno a livello molecolare, la genetica non possiede le basi delle interazioni a livello di tessuto, mentre la biologia dello sviluppo possiede tutti questi strumenti ma sta iniziando solo ora a prestare attenzione a ciò che avviene al di fuori della cellula o dell’individuo. L’ecologia dello sviluppo riassume tutti questi approcci e tutti noi, per proteggere il nostro pianeta, abbiamo un grande bisogno di studiare questa nuova disciplina.
L’ecologia dello sviluppo integra biologia molecolare, ecologia, biologia dello sviluppo, biologia evoluzionistica, fisiologia, biologia cellulare e genetica in una disciplina sinciziale che, a nostro avviso, costituirà il fulcro della scienza del ventunesimo secolo.
Questo libro è pensato sia per studenti sia per i colleghi scienziati. Il volume è anche rivolto agli specialisti che volessero apprendere come la loro particolare disciplina interagisce con le altre scienze biologiche.
Speriamo che gli esempi qui presentati riescano a rafforzare il senso di meraviglia dei biologi nei confronti del mondo e che allo stesso tempo costituiscano un punto di partenza per parlare di integrazione tra aree differenti della biologia e della relazione
tra biologia e politica. Anche se nella stesura di questo libro abbiamo cercato di adottare un approccio di carattere integrativo, ci rendiamo conto di essere ancora profondamente legati alla storia e a quanto abbiamo appreso nel passato. Speriamo
quindi che gli studenti universitari possano trovare ancora nuove connessioni e formulare ulteriori sintesi, e che riescano a scovare relazioni mai immaginate prima.
Infine, speriamo che le idee contenute in questo libro propongano un nuovo approccio alla natura, lo stesso approccio esemplificato nell’insegna che accoglie i visitatori all’ingresso della biblioteca del Woods Hole Marine Biology Laboratory, che ci ricorda che dobbiamo “Studiare la natura, non i libri”. La capacità di improvvisazione dello sviluppo ci coglie continuamente di sorpresa. La fotografi a, inviataci dal Dott. Bill Bates, un amico di entrambi gli autori, raffigura delle ovature di rospo all’interno di un piccolo stagno nel nord dell’India. Lo “stagno” è in realtà semplicemente dell’acqua che ristagna in un’impronta di elefante. Chi avrebbe mai immaginato che l’elefante sarebbe stato fondamentale affinché il ciclo vitale del rospo si completasse? Come ha detto il Dott. Ian Malcolm in Jurassic Park: “Dico semplicemente che la vita vince sempre”.
Vogliamo ringraziare i nostri colleghi della Sinauer: Andy Sinauer, Azelie Fortier, Danna Lockwood, Lou Doucette, Chris Small, Jen Basil-Whitaker, Johannah Walkowicz e David McIntyre. Ringraziamo anche Elizabeth Morales per avere trasformato i nostri schizzi nelle figure che potete vedere in questo libro.
Scott Gilbert ringrazia i membri del dipartimento di biologia del Swarthmore College e del Developmental Biology Center of Excellence dell’Università di Helsinki per avergli fornito nuove idee. Partecipare alle riunioni è stato fondamentale per acquisire nuove informazioni e Scott desidera ringraziare Swarthmore College, Accademia di Finlandia, NESCent, NSF, AURA e altri per il loro sostegno. Per la stesura di questo volume sono state fondamentali le discussioni con Also Anna Cha, Ruston Hogness, O di Serenity House, Anna Tsing e molti altri, compresi i partecipanti al seminario del FAU, i cui commenti e le cui critiche costruttive sono stati importantissimi per dare forma a queste idee. Oggi esistono nuove fonti di informazione, grazie a biologi blogger come Faye Flamm, P. Z. Meyers, Ed Yong e Carl Zimmer, e Scott li ringrazia per avere attratto la sua attenzione su molti articoli che non aveva in precedenza letto.
David Epel ringrazia i suoi mentori: Daniel Mazia, per la sua capacità di mettere in discussione i dogmi; C. B. Van Niel, un esempio di comunicazione e Donald P. Abbott, la guida di David nello studio dello sviluppo degli invertebrati. David ringrazia anche i colleghi Sam Dupont, Amro Hamdoun, Donal Manahan e George Somero per gli approfondimenti sulla biologia adattativa delle cellule e Mark Denny, Michael Hadfield, Chris Lowe e John Pearse per avere integrato biologia dello sviluppo ed ecologia.
Un ringraziamento speciale va ai revisori dei capitoli: Ehab Abouheif, Wallace Arthur, Vince Formica, Mark Hanson, Donna Haraway, Randall Jirtle, Cris Ledon-Rettig, Armin Moczek, Michael Skinner, Carlos Sonnenschein, Ana Soto, Kathy Sulik, Alan Vajda e Jeannette Wyneken, che hanno espresso pareri molto perspicaci (e ci hanno impedito di scrivere cose di cui ci saremmo pentiti) e ci sono stati di sostegno. Ogni eventuale errore, ovviamente, è solo nostro. Infine, vogliamo ringraziare gli scienziati che hanno corretto la prima edizione di questo libro. I loro commenti sono stati importanti da un punto di vista sia personale che professionale e ci hanno consentito di migliorare la presente edizione.
Gli autori:
S. F. Gilbert, D. Epel
A cura di:
D. Rubolini, A. Romano, C. Bandi
Presentazione di:
T. Pievani
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