Ortopedia dentomascellare e ortodonzia nella labiopalatoschisi

7,90 

pagg. 134, figg. 310 b/n Edizione: 1984 Lingua: Italiano Editore: STDEI

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COD: st138 Categoria:

Descrizione

Le labbra rappresentano uno dei tratti più salienti del volto umano. Il loro disegno, la loro perfetta simmetria e il loro potere espressivo sono stati studiati e riprodotti, con differenti risultati, da scultori e artisti nei secoli passati. In anni più recenti le stesse caratteristiche sono state sfruttate spietatamente da fotografi commerciali e agenzie pubblicitarie nello sforzo di ven­dere i prodotti più disparati. Ogni anormalità della forma e della funzione facciale appare evidente al primo sguardo e con­duce inevitabilmente a commenti che possono essere espressi o muti, comprensivi o crudeli. Ma il muto atto di volgere lo sguardo altrove da parte dell’osservatore, l’improvviso cambiamento nell’argomento della conversazione non sfuggono al bambino o ai genitori, ai quali la vista del loro bambino, nato con una schisi del labbro o del palato, ha causato tanto dolore e una amara delusione. Da più di 150 anni i chirurghi trattano la schisi del labbro o del palato; i loro tentativi, i loro successi e insuccessi hanno proceduto parallelamente allo sviluppo della chirurgia plastica e ricostruttiva. Ma la chirurgia da sola non è sufficiente a raggiungere il tipo di risultati che a noi piacerebbe osservare e che il paziente ha il diritto di pretendere. Agli inizi di questo secolo si dovette riconoscere che il trattamento chirurgico del labbro e del palato poteva produrre dei risultati sfavorevoli. Inaccettabili cicatrici facciali, deficit uditivi, notevoli disturbi e discrepanze nella crescita del mascellare superiore e della mandibola, la perdita prematura di denti, potevano tutti produrre, in alcuni casi, un bambino gravemente menomato. Fu facile, inizialmente, ascrivere questi insuccessi alle condizioni primitive nelle quali questi primi tentativi chirurgici furono portati avanti. Questa semplicistica spiegazione divenne meno attraente agli inizi degli anni ’50 quando, a dispetto di significativi progressi nella anestesia, nella strumentazione e nella tecnica chirurgica, i pazienti trattati negli anni ’30 e ’40 continuavano a presentare inaccettabili menomazioni nell’aspetto estetico, nella fonazione e nell’occlusione dentale. Alcuni nostri colleghi dentisti, in particolare un pkcolo gruppo di ortodontisti, ini­ziarono a studiare e a registrare in dettaglio le caratteristiche della crescita dell’intero scheletro facciale, senza limitarsi allo studio delle semplici caratteristiche dell’occlusione. Il loro lavoro condusse, venti anni più tardi, allo sviluppo della chirurgia craniofacciale come oggi la conosciamo. Fino agli anni ’50 dobbiamo riconoscere che i chirurghi plastici avevano affrontato le malocclusioni in maniera piuttosto casuale e lasciato il loro trattamento quasi interamente allo specialista ortodontista; come ultima risorsa rimaneva sempre la possibilità di un qualche tipo di osteotomia mascellare o mandibolare, da intraprendere come estremo tentativo di intervento. Nel South Wales, sin dagli anni ’70, abbiamo avuto la fortuna di avere con noi un attivo, energico e illuminato reparto di ortodonzia alla Facoltà di Odontoiatria di Cardiff, sotto la direzione del Professor Norman Robertson, il cui entusiasmo e il cui interesse traspaiono chiaramente da ogni pagina di questa monografia. L’aiuto e l’incoraggiamento dati da Norman Robertson e dal suo gruppo, in particolare dal suo Senior Lecturer Dr. W.C. Shaw, hanno trasformato la prognosi dei casi più difficili di labiopalatoschisi che noi siamo chiamati a trattare e hanno portato al raggiungi mento dei tre obiettivi prefissi molto tempo addietro dal Professor T.P. Kilner: far sì che il paziente si presenti bene, mangi bene e parli bene… Michael N. Tempest

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