SCOLIOSI IDIOPATICA – LA CINESITERAPIA VOLUME 3

6.456,00 

450 pagine
– 267 Radiografie con 162 Esercizi
– Edizione 2000
Editore: Edizioni Marrapese

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COD: mp025 Categoria:

Descrizione

La cinesiterapia nel trattamento ortopedico della scoliosi idiopatica INTRODUZIONE Dopo 40 anni di attività, dopo aver capito l’inutilità dell’esercizio analitico decompensato con effetto localizzato sulla curva scoliotica, spesso passo le giornate a cercare di capire come funziona il cervello. Vorrei sapere se esistono disturbi delle “funzioni comportamentali” nei pazienti portatori di scoliosi idiopatica. Vorrei capire meglio se è vero che, cercando le basi per una condotta di vita finalizzata, si ottengono migliori risultati nei pazienti. lo non sono neurologo nè psicologo per cui può sembrare proprio fuori luogo che mi basi sul rapporto CERVELLO-PSICHE e sul TRATTAMENTO INCRUENTO DELLA SCOLIOSI IDIOPATICA. Dopo tutto è innegabile che questo rapporto cuce i fili che determinano il comportamento motori o dei pazienti. E’ , in ogni caso, un rapporto complesso dove i giudizi di valore dipendono dalla validità di numerose variabili, non ultima quella della struttura motivazionale del terapeuta che contribuisce a guidare Ja sua condotta. E’ certamente un rapporto poco affascinante per l’ortopedia ma molto seducente in neuropsicologia. LE DOMANDE Gli scettici per abitudine mentale continueranno ad appassionarsi al funziona­mento del muscolo andando alla ricerca del migliore esercizio “correttivo”; i meno scettici si porranno in un atteggiamento pensoso verso le ricerche del passato così affollate di numeri e di nozioni biomeccaniche, i terapeuti “osservatori” cominceranno a porsi delle domande: come fa il cervello a modificare il comportamento del paziente scoliotico “costipato” in un corsetto e come tale modifica influenza positivamente l’evoluzione della scoli osi idiopatica? E che valore hanno le afferenze del corsetto se le vogliamo considerare come “DISTURBO” nella trasmissione neurologica? E che valore hanno l’attività percettiva, le emozioni, il vissuto, l’intelligenza motoria, la memoria, la coscienza sotto la spinta delle pressioni? E questi elementi sono, poi, tanti “pezzetti” funzionali della mente con una propria autonomia o la loro connessione induce a pensare di più all’ organizzazione dell’informazione sulla mente umana? E queste “cose” sono scolpite nei neuroni dai geni o vengono insegnate dai “SEGNALI” dell’ambiente? E tra questi ultimi che posto occupa il movimento umano se esso ha come scopo principale quello di aumentare le connessioni cerebrali? Ogni scienziato ha una risposta per queste domande. Ogni scienziato trasforma le sue convinzioni in discorsi scientifici. Ogni scienziato trasforma i discorsi scientifici in metodi attraverso parole, talvolta ovvie. Ma l’ovvietà, le convinzioni o le giuste parole degli scienziati, qualche volta, possono non essere così ovvie di fronte ai fatti reali e molte cose vere possono non essere ovvie di fronte alla pressante richiesta di esplicazioni tecniche. Joseph Le Doux (“n cervello emotivo” – Ed. Baldini e Castoldi – 1998) afferma che “le cose ovvie non sono per forza vere, e molte cose vere non sono affatto ovvie” . Le determinanti culturali di questo principio di Le Doux che, in parte, ci allontana dalla sistematica stereotipizzazione di tutte le storie terapeutiche, ha richiamato la mia attenzione non tanto sul fatto che la resistenza al mutamento degli stereotipi sia alquanto difficile, quanto ad un’ analisi, ad un insieme di principi dove ogni dichiarazione, ogni definizione, debba nascere da un intenso studio preliminare. La scienza opera attraverso esperimenti che, per definizione, implicano la manipolazione di alcune variabili e il controllo di altre. n trattamento incruento della scoliosi idiopatica evolutiva è una fonte ricchis­sima di variabili da manipolare, per cui non si tratta di discutere delle metodiche che, numerose, si sono succedute nel tempo senza alcun successo, quanto piuttosto valutare la scarsa conoscenza, la carenza di cognizioni che si hanno per la idiopaticità della scoliosi, attraverso i nuovi elementi delle scienze neuropsicologiche. Questa ovvietà mi sembra vera ma, nonostante la sua verità, credo che debba, in ogni caso, seguire un iter tale da rendere possibile una comprensione cognitiva della sua complessità. LE COSE VERE Quando, a cavallo tra gli anni 1950-60, ho cominciato ad interessarmi di terapia di scoli osi idiopatica, sottoponevo i pazienti ad esercizi di mobilizzazione, stiramento, tonificazione, respirazione ed esercizi asimmetrici. Più tardi, dopo le mie prime osservazioni, posi l’attenzione su alcuni metodi, soffermandomi in particolare sul Klapp modificato da Burger e Wagner e sul Niederhoffer. Attraverso i primi risultati, dopo 4 o 5 anni di terapia, in 20 anni di esperienze, mi resi conto che tutte le tecniche che io avevo adottato erano troppo limitate e che in molti casi erano addirittura causa di aggravamento per le scoliosi anche non evolutive. Il fatto vero, anche ovvio, era che i primi gessi, i primi corsetti, per l’autorevolezza degli autori rappresentavano il rimedio ultimo che riusciva del Risser, con il valore del gibbo dorsale e della asimmetria lombare, con la considerazione della pubescenza e della tipologia costituzionale e di tante altre caratteristiche, accessorie si debba consigliare un determinato corsetto, mi sembra un fatto così poco intelligente da non essere accettabile. Restano fuori tanti aspetti che non sono misteriosi, ma semplicemente inevitabili lacune in un catalogo di appariscenti somiglianze ma ricco, tanto ricco di differenze. Per quante osservazioni e ricerche si possano fare, è difficile accettare l’idea che di un determinato trattamento ortopedico si poteva fare a meno; è molto più difficile sapere se dentro quel “GUSCIO” c’è qualcuno che ha altri interessi, i propri interessi e così, quando ci si rende conto che alla fine nulla è cambiato, non ci rendiamo conto di aver volontariamente provocato un danno che è tanto maggiore quanto più accampiamo come scusa legittima il fin troppo abusato concetto di “idiopaticità”. Di fronte a questa mia convinzione, che altri possono considerare “disfattista”, assurda cosi come intollerabile e che cercherò di dimostrare, spesso mi domando se ho il diritto di porla e se veramente sono sicuro! COME FACCIO AD ESSERE COSI’ SICURO? A dispetto di tutta la scienza, di tutte le ricerche, di tutte le nostre esperienze, potremmo sacrificare tutto a vantaggio della morale, (P. Corrado: “Della morale in riabilitazione” – Ed. ANAPS – 1998) un vantaggio peraltro così importante che solo ad immaginarIo inconoscibile diventa veramente intol­lerabile! Su questo aspetto, in questo volume considereremo molti casi ai quali la forza delle nostre intuizioni garantisce una certa attendibilità per la quale immaginiamo che la reazione tradizionale, almeno questa volta, determini una profonda riflessione.

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